Il settore del cleaning professionale sta svolgendo un ruolo da protagonista nella gestione dell’emergenza causata dal COVID-19: la pulizia e la sanificazione sono diventate attività imprescindibili per contenere la diffusione del contagio.
In questo momento particolarmente difficile, ricco di incognite riguardo al futuro, in cui si avverte più di prima l’esigenza di una corretta sanificazione degli ambienti,
è possibile continuare a parlare di riduzione dell’impatto ambientale dei servizi e dei prodotti di pulizia?
A questa domanda cerca di dare una risposta l’articolo scritto da Paolo Fabbri, Presidente di Punto 3 e pubblicato nel nuovo numero di GSA – il Giornale dei Servizi Ambientali uno dei principali magazine del settore del cleaning professionale.
Green Deal Europeo
L’11 dicembre 2019 la Commissione Europea ha definito il Green Deal Europeo (COM(2019)640), una roadmap volta a migliorare lo stato di salute dell’ambiente e dei cittadini europei, agendo in diversi ambiti dalla mobilità, all’efficienza energetica fino ad arrivare alla lotta al cambiamento climatico.
Tra gli obiettivi di tale strategia il più ambizioso è la neutralità climatica dell’Europa entro il 2050, che per poter essere attuato prevede ingenti investimenti economici. Non è un caso che a poco più di un mese dall’approvazione del Green Deal la Commissione Europea ha definito il piano di investimenti per un’Europa sostenibile (Comunicazione n. 21 del 14 gennaio 2020): almeno 1.000 miliardi di euro saranno mobilitati nel corso del prossimo decennio per realizzare gli obiettivi del Green Deal. Il 25% del bilancio dell’Unione è destinato a investimenti a favore del clima
Nel Green Deal viene ribadita l’importanza del Green Public Procurement (GPP) come strumento imprescindibile per contribuire al raggiungimento dei nuovi obiettivi di sostenibilità dell’Unione Europea. Verranno definiti criteri e obiettivi verdi obbligatori per gli appalti pubblici, nelle iniziative settoriali di GPP, sui finanziamenti UE o su prodotti specifici. Questi criteri minimi stabiliranno di fatto una definizione comune a livello europeo di “acquisti verdi”, permettendo di raccogliere dati comparabili dagli acquirenti pubblici e ponendo le basi per valutare l’impatto degli appalti pubblici verdi.
Si incoraggeranno le autorità pubbliche di tutta Europa a integrare i criteri verdi e a utilizzare i marchi ecologici (come l’Ecolabel EU) nelle gare di appalto. La Commissione sosterrà questi sforzi con orientamenti normativi, attività di formazione e con la diffusione delle buone pratiche sia a livello pubblico che privato.
COVID-19 e Green Deal Europeo
Nei primi 100 giorni di mandato della nuova Commissione Europea è esplosa la pandemia da Coronavirus.
Di fronte a questa crisi globale sono emerse posizioni che invitavano a posticipare le scelte e gli investimenti necessari per attuare il Green Deal Europeo.
Un crescente numero di studi realizzati a livello internazionale sancisce uno stretto legame tra l’incremento degli impatti ambientali e la diffusione delle malattie infettive: la deforestazione su ampia scala, la perdita di biodiversità, il cambiamento climatico e l’inquinamento atmosferico sono elementi che contribuiscono al diffondersi delle epidemie.
Questa crisi dimostra come sia molto importante che la Commissione pianifichi soluzioni coerenti a obiettivi di lungo periodo in grado di garantire una crescita economica all’insegna della corretta gestione delle risorse naturali per le generazioni future. Inoltre è indubbio che l’attuazione del Green Deal Europeo possa aumentare la capacità del nostro sistema economico e sociale di adattarsi ai cambiamenti senza ridurre la qualità della vita e gli standard produttivi.
Queste considerazioni hanno certamente contributo alla convinzione, più volte ribadita dalla Commissione Europea, di mantenere il Green Deal come strategia imprescindibile del proprio operato.
Come dovrebbe agire un operatore economico del cleaning professionale in questo contesto?
Il raggiungimento dell’obiettivo della neutralità climatica a livello europeo coinvolge tutti i settori produttivi, nell’ottica di una graduale ma significativa svolta verso un’economia a basse emissioni di carbonio.
Diventa quindi fondamentale oggi per una azienda del cleaning (imprese di pulizia e produttori di prodotti, attrezzature a macchinari) investire in ricerca e sviluppo per arrivare a quantificare in modo scientifico e trasparente il livello di emissioni di gas climalteranti derivanti dal proprio business.
È in questo contesto che si inserisce l’impronta di carbonio (o carbon footprint), uno strumento finalizzato a valorizzare gli impegni dell’impresa sul proprio prodotto o servizio ad alto contenuto ambientale.
La Carbon Footprint è la quantificazione dei gas ad effetto serra nell’intero ciclo di vita di un prodotto/servizio. La metodologia su cui si basa è definita dalla norma ISO 14067:2018, che prevede un approccio di tipo Life Cycle Assessment (LCA). L’annesso C della norma ISO 14067:2018 presenta una grande novità: l’approccio sistemico, definito anche “CFP Systematic Approach” (CFP SA) permette a una azienda di sviluppare un vero e proprio sistema di gestione della Carbon Footprint. In particolare è possibile velocizzare e generare economie di scala per la quantificazione dell’impronta di carbonio su più prodotti/servizi analoghi legati direttamente all’attività di una azienda.
In questo modo la Carbon Footprint (che è certificabile da ente terzo accreditato) può diventare per una impresa un importante strumento strategico:
- nelle scelte di marketing, legate alla comunicazione sull’impatto climatico del prodotto, utilizzando un indicatore (la CO2 emessa) dal forte potere comunicativo;
- nella gestione aziendale in chiave ambientale, sviluppando un sistema che permette il monitoraggio e il continuo miglioramento;
- nelle gare d’appalto pubbliche dove la riduzione delle emissioni di gas climalteranti viene riconosciuta dall’art. 95 del Codice dei Contratti come criterio premiante delle offerte.
Considerando la sempre più pressante richiesta di interventi di sanificazione, mirati alla prevenzione dal rischio di contaminazione da COVID 19, una impresa di pulizia potrebbe decidere di quantificare attraverso la Carbon Footprint gli impatti ambientali del servizio erogato. Inoltre potrebbe anche comparare da un punto di vista ambientale i diversi protocolli di sanificazione in chiave “COVID-free”, che potrebbe offrire sia a un acquirente pubblico obbligato ad applicare i Criteri Ambientali Minimi (CAM), sia a un acquirente privato impegnato nella concretizzazione dei principi della Responsabilità Sociale d’Impresa.
Non è un caso che nell’aggiornamento dei Criteri Ambientali Minimi (CAM) per l’affidamento del servizio di pulizia (sia in ambito civile che sanitario) – di prossima approvazione – venga definita la possibilità da parte delle stazioni appaltanti di attribuire punteggi premianti a quegli offerenti che si impegnano ad ottenere adeguati livelli di igiene tenendo conto dell’obiettivo di contenere gli impatti ambientali del servizio in base all’approccio lungo il ciclo di vita, avendo riguardo di rispettare i seguenti requisiti ambientali:
- la maggiore efficacia di tali tecniche rispetto a quelle tradizionali avvalorata da pubblicazioni scientifiche;
- la capacità di ridurre gli impatti ambientali rispetto alle tecniche di pulizia e sanificazione tradizionali (tramite la presentazione di uno studio di LCA comparativo);
- uso di prodotti, attrezzature e macchinari con una certificazione dell’impronta climatica.
Alla luce di tali considerazioni, si può affermare che i contenuti del Green Deal europeo e gli strumenti tecnici ed economici da esso previsti, per la riduzione dell’impatto ambientale, rappresentano una importante opportunità per le imprese del cleaning professionale per continuare a rimanere competitive ed innovative in un mercato che dopo la pandemia, con ogni probabilità, non sarà più lo stesso.
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