Post-COP29: Sfide e opportunità per le aziende europee

Post-COP29: Sfide e opportunità per le aziende europee
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Baku, Azerbaijan, ha appena ospitato la COP29, il principale evento mondiale che riunisce annualmente i rappresentanti di 197 Paesi. L’obiettivo di questo incontro è sviluppare e implementare strategie e normative per ridurre le emissioni di gas serra a livello globale.

La priorità è quella di ottenere riduzioni profonde, rapide e durature delle emissioni, per mantenere l’aumento della temperatura media globale al di sotto della soglia di 1,5°C rispetto ai livelli preindustriali. Ogni soggetto è chiamato a fare la propria parte per raggiungere gli ambiziosi, quantomai necessari, obiettivi climatici.

Le aziende responsabili di una quota di emissioni non trascurabili, sono in prima fila in questo processo di decarbonizzazione. Le premesse: “La decarbonizzazione industriale è a portata di mano, ma sono necessarie politiche mirate per stimolare gli investimenti e accelerare la costruzione di impianti ecologici” (unric.org).

COSA È STATO DECISO ALLA COP29?

La COP29 ha sancito alcune decisioni importanti:

  • Finanziamento climatico: al centro del meeting c’è stata la discussione sui finanziamenti verso le nazioni più vulnerabili per implementare misure sul climate change. È stato concordato di triplicare il finanziamento ai Paesi in via di sviluppo, passando da 100 a 300 miliardi di dollari all’anno entro il 2035. 
  • Mercati del carbonio: le Parti hanno stabilito nuove regole globali per il commercio dei crediti di carbonio: un passo avanti significativo rispetto alle conferenze precedenti. 
    La decisione della COP29 fornisce chiarezza su come i Paesi autorizzeranno il commercio di crediti di carbonio e su come funzioneranno i registri che lo monitorano e che ne garantiranno l’integrità ambientale, assieme a revisioni tecniche, in un processo trasparente. Il lavoro sui mercati del carbonio non si ferma a Baku. 
  • Trasparenza e adattamento: i Paesi partecipanti hanno raggiunto accordi importanti sulla trasparenza nella rendicontazione climatica e sull’adattamento ai cambiamenti climatici. Ad oggi, sono stati completati gli strumenti di rendicontazione dell’Enhanced Transparency Framework (ETF) previsti dagli accordi di Parigi. L’ETF guiderà i Paesi nella rendicontazione delle proprie emissioni di gas serra, monitorando i progressi e fornendo supporto (unfccc.int).

[...] Per quanto riguarda il finanziamento climatico, il mondo deve pagare, altrimenti sarà l'umanità a pagarne il prezzo...

Il finanziamento climatico non è carità, è un investimento.
L'azione climatica non è facoltativa, è un imperativo.

Entrambi sono indispensabili: per un mondo vivibile per tutta l'umanità e un futuro prospero per ogni nazione sulla Terra.
ANTÓNIO GUTERRES​
Segretario generale delle Nazioni Unite​

PROGRESSI E CRITICHE SUGLI ACCORDI NEGOZIALI 

La COP29 sarà ricordata come l’inizio di una nuova era per la finanza per il clima

In sintesi, mentre sono stati fatti progressi in alcune aree chiave, molti ritengono che ci sia ancora molto lavoro da fare per affrontare efficacemente la crisi climatica. L’esito della COP29 è stato descritto come un “controverso accordo“. 
Le principali critiche sono state:

  • Finanziamento insufficiente: alcuni esperti ritengono che il finanziamento concordato non sia sufficiente per soddisfare le reali necessità di adattamento e mitigazione dei Paesi in via di sviluppo: l’obiettivo atteso prima della Conferenza era di 1.300 miliardi di dollari all’anno.
  • Mancanza di azioni concrete: Greenpeace ha criticato l’accordo come inadeguato, sottolineando la mancanza di fondi reali e chiari per i Paesi in via di sviluppo.
  • Mancanza di un impegno vincolante all’abbandono dei combustibili fossili: non è stato raggiunto un consenso su come riconoscere l’esito del summit precedente riguardo alla transizione dai combustibili fossili.

     

In generale, molti rappresentanti dei Paesi in via di sviluppo si sono detti delusi, ritenendo che l’accordo non fornisca risorse sufficienti per affrontare adeguatamente la crisi climatica. In sintesi, mentre ci sono stati progressi, molti ritengono che l’ambizione e le azioni concrete necessarie per limitare l’aumento della temperatura globale a 1,5°C siano ancora insufficienti. (fonte news.un.org).

 

A CHE PUNTO È L’EUROPA?

L’Unione Europea è fermamente impegnata nell’Accordo di Parigi ed è leader mondiale nell’azione per il clima, avendo già ridotto le sue emissioni di gas serra del 37% dal 1990, mentre la sua economia è cresciuta di quasi il 70% (fonte: Commissione Europea). Tuttavia, alcuni addetti ai lavori vedono i progressi  non sufficienti e non commisurati rispetto al ruolo di leader globale nell’azione per il clima.

La legislazione sul clima e l’energia ha indirizzato il vecchio continente sulla buona strada per ridurre le emissioni nette di gas serra di almeno il 55% entro il 2030 e raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. Questo obiettivo di neutralità è diventato giuridicamente vincolante con l’adozione della legge europea sul clima (luglio 2021). Come prossimo passo intermedio, la Commissione Europea proporrà un obiettivo di riduzione delle emissioni nette del 90% per il 2040 (fonte: climate.ec.europa.eu).
 
Foto di Christian Lue su Unsplash

STRATEGIE CLIMATICHE AZIENDALI, LO STATO DELL’ARTE

In occasione della COP29, il gruppo di esperti voluto dalle Nazioni Unite sugli impegni a emissioni nette di enti non statali ha presentato il rapporto biennale “Integrity Matters: The Hard Work is Now. Tale rapporto ha la finalità di restituire un quadro degli impegni climatici e obiettivi carbon-neutral nel settore privato.
 
Il rapporto ha rivelato che negli ultimi anni c’è stato un consistente aumento di piani di transizione, e persistono gli impegni per ridurre o azzerare le emissioni nette, ma solo una minima parte delle aziende è davvero in linea con gli obiettivi stipulati dall’Accordo di Parigi.
In generale, gli impegni climatici sono spesso poco trasparenti: una prima sospetta criticità è la mancanza di obiettivi intermedi da parte delle aziende, la seconda criticità è che solo il 2% di queste divulga con trasparenza la propria strategia climatica e gli investimenti necessari per implementarla.
D’altra parte, molte grandi aziende si preparano a conformarsi alle normative obbligatorie sulla rendicontazione climatica: la Direttiva sulla rendicontazione della sostenibilità aziendale (CSRD, ne abbiamo parlato qui) dell’UE coinvolgerà circa 50.000 aziende, mentre le recenti normative della California sulla divulgazione interesseranno circa il 75% delle aziende Fortune 1.000.
 
Le aziende possono adottare diverse misure per contribuire alla lotta contro il cambiamento climatico, anche in assenza di accordi governativi. Considerando che l’obiettivo di limitare il riscaldamento a 1,5°C sembra ormai destinato a fallire, le aziende, oltre ad avere piani di riduzione, dovrebbero implementare piani di adattamento. Partendo da una valutazione dei rischi climatici. In poche parole, adottare una strategia climatica per contribuire agli obiettivi dell’Accordo di Parigi, consolidare la propria mission in termini di responsabilità sociale d’impresa, attrarre investimenti e creare nuove opportunità di mercato.

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